Aida ha solo sei anni quando è costretta dalla guerra a fuggire con sua madre dalla Bosnia, appena prima dell’orrore che avrebbe distrutto il loro Paese.
Raggiungono il padre che lavora in Italia, e a Milano comincia una nuova vita, sempre tesa tra ciò che hanno lasciato e ciò che si apprestano, riluttanti, a costruire. Il senso di identità si manifesta presto sotto forma di precetti religiosi, di divieti, di regole da rispettare.
Aida studia, prende bei voti, va al Liceo Classico. Manda giù la rabbia di suo padre, i silenzi di sua madre, si riscalda con la vitalità di Ibro, suo fratello. Ma, soprattutto, si sottrae a tutto ciò che non condivide e sceglie di crescere libera, misurandosi con gli ostacoli dell’integrazione e della memoria.
La malattia del fratello la costringe a misurarsi con la sua storia familiare, con la possibilità di una vera salvezza per chi, come lei, è dovuto fuggire da un genocidio e si è trovato a rimettere insieme i pezzi della sua vita altrove, lontano da casa.