Chi ha avuto l’occasione di leggere i suoi precedenti romanzi sa quanto la Raimo sia brava a costruire i suoi personaggi: personaggi che trascinano la storia, che la forgiano, a tratti la dettano, animando la sua scrittura. In “Niente di vero” i personaggi sono i suoi familiari, tratteggiati con la stessa maestria. Ne ricordiamo i particolari, i modi di dire, quasi ci sembra di vederli mentre giriamo le pagine del libro in cui la Raimo riversa un po’ della sua vita, raccontata con un’ironia sapiente, pungente, esilarante.

Come messa di fronte al film della sua vita, l’autrice parla di relazioni, amori, scelte difficili, perdite dolorose. Lo fa con la disillusione di chi conosce già la storia e vuole regalarla anche ai lettori, consapevole di risvegliare qualcosa in ognuno di loro.

Si sorride e si ride molto, mentre ci si addentra nelle psicosi e disfunzionalità delle relazioni tra consanguinei e si riconosce, qua e là, qualcosa della propria storia.

Il risultato è un ritratto esilarante e a tratti brutale, che smaschera i meccanismi più nascosti dei rapporti familiari e mette nero su bianco il non detto, utilizzando l’ironia come strumento per ripercorrere gli inciampi di una vita con una sorta di leggerezza dal retrogusto sempre un po’ amaro.

Il modo diretto e schietto di affrontare i ricordi fa di questo libro un romanzo originale, a tratti sfacciato, senza filtri. La voce narrante è presente e guida il lettore, gli fa credere che qualcosa sia vero, ma forse non lo è. In fondo è anche questa l’arte del romanzo.

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